Questo testo è un’ottima opera a metà strada tra il divulgativo e lo specialistico, lineare nella sua narrazione, chiara nell’esposizione, articolata nelle sue riflessioni, ricca di riferimenti e spiegazioni, che dimostra tutta la bravura dell’autore nel fare ricerca. Tuttavia, come diversi suoi colleghi, Dahaene cade vittima delle secolarizzazioni del pensiero metafisico-naturalista dell’occidente che lo portano a (fra)intendere concetti arbitrari storicamente tramandati come se fossero dati di realtà e che, di conseguenza, lo portano a fare affermazioni prive di qualsiasi giustificazione sperimentale fuoriuscendo così dalla scienza per spingersi al limite della fantascienza. La più importante di queste affermazioni è sintetizzata nel titolo dell’opera la quale, nel corso del testo, assume la forma dell’enunciato: “soltanto una teoria matematica può spiegare come il mentale si trasforma in neurale” (p. 223). Qui l’autore non si avvede di trattare il mentale ed il neurale come oggetti aventi la stessa natura, cioè possedenti lo stesso statuto ontologico, quando il neurale è un fatto biologico, mentre il mentale è un concetto atto a nominare tutta una serie di fenomeni eterogenei (comportamenti, cognizioni, relazioni, ecc..) accomunati dal fatto di non avere una solida base materiale (di quale materia è fatto un pensiero, la memoria, o una relazione tra due persone?), con conseguente difficoltà di dispiegare la metodologia empirica su di essi (da qui il declassamento della psicologia a scienza debole). Voler cercare il collegamento tra neurale e mentale, quindi, significa propriamente voler cercare di unire un ente biologico ad un concetto attraverso, oltretutto, i costrutti ideali della matematica che si ritiene siano costitutivi dei legami invisibili della materia solo perché Galileo pensava che la matematica fosse il linguaggio con cui Dio ha creato l’universo e, perciò, fosse il principio strutturale di tutto il creato, quando la matematica altro non è che il prodotto ideale per eccellenza dell’intelletto umano. Pensare, allora, che soltanto una teoria matematica possa spiegare come il mentale si trasforma in neurale significa di fatto pensare che dei prodotti ideali riescano a spiegare come un concetto si trasformi in un ente biologico. Posta in questi termini il problema risulta ancora più difficile di quanto non lo era all’inizio. E diventa di una complessità addirittura maggiore se si tiene conto che mentale e neurale non sono due oggetti esistenti di per sé (anche il fatto che esistano oggetti-per-sé è una costruzione intellettuale storicamente tramandata), bensì due oggettività dischiuse da due metodi diversi (neuroscienze e psicologia) il cui legame, non essendo oggetti, non può essere oggettivo e, perciò, non può essere indagato sperimentalmente. Si prenda la nota correlazione tra danno celebrale e modificazione mentale. Per determinare che vi sia stato un danno celebrale si sono dovute mettere in atto tutte quelle pratiche e quelle tecniche medico-neuroscientifiche (PET, TAC, risonanza magnetica, ecc.) atte ad appurare un effettivo danno celebrale, così come per determinare la modificazione mentale sono intervenute le pratiche e le tecniche psicologiche (test, questionari, interviste, ecc.). Senza l’esercizio concreto delle due discipline, il danno neurale e la modificazione mentale sarebbero rimaste a livello d’inferenza, ed il massimo di ciò che si sarebbe potuto affermare sarebbe stato che il malcapitato era diventato strano dopo l’incidente. Allora, il dato oggettivo-empirico circa il neurale ed il mentale non si dà di per sé, ma è ineluttabilmente legato al concreto esercizio delle due discipline le quali vengono chiamate, ciascuna per la regione oggettuale che le compete, a sondare un unico evento, e tutto ciò che si constata è la compresenza estrinseca, per quanto contingente, di una modificazione mentale e di una modificazione neurale, ma in nessun modo viene dimostrato il legame intrinseco tra mentale e neurale, tant’è che le correlazioni statistiche tra le due misure risultano non significative. Dunque, ciò che si osserva nel caso di una lesione celebrale non è il legame oggettivo tra mentale e neurale, ma è semplicemente il parallelo uso di psicologia e neuroscienze per indagare un unico evento. Qualsiasi evento umano può essere indagato sotto il doppio riguardo della psicologia e delle neuroscienze, e quindi si troverà sempre una compresenza di mentale e neurale, ma tale compresenza non significa che esista un legame oggettivo tra mentale e neurale, significa solo che è sempre possibile utilizzare i metodi della psicologia ed i metodi delle neuroscienze per indagare un unico evento. Porsi perciò la domanda di come il mentale si trasforma in neurale, cioè di come si passi da un contenuto di senso ad una scarica elettrica, è una domanda mal posta perché, nel porla, si dà per scontato che mentale e neurale siano due oggetti di uguale natura legati da un legame oggettivo, quando di fatto sono due oggettività diverse in quanto intenzionate da due metodi diversi che le indagano con tecniche e procedure diverse. Ne consegue che il problema del legame tra mentale e neurale non è un problema empirico, al massimo è un problema epistemologico in quanto propriamente riguarda il legame tra due discipline scientifiche diverse.