La Scienza dell’Anima

20200731_154111Dopo alcune tragiche vicende editoriali (che sarà possibile leggere nel trafiletto ad memoriam alla fine del volume), l’8 ottobre esce questo mio testo edito da Santelli Editore.
Riporto di seguito uno stralcio della nota introduttiva del curatore della collana che lo ospita, Romolo Perrotta:

Lo scrupoloso lavoro di Biondi mira dritto al senso, vale a dire alla direzione indicata dalla “scienza” dell’anima allorché aspira a essere scienza autentica: la si potrebbe definire “psicologia applicata”, e dunque “conoscenza della psiche umana che si traduce in una possibilità di interagire con la realtà circostante”, se non fosse che un nome ce l’ha già, pur nella molteplicità dei suoi obiettivi e delle sfaccettature che le diverse scuole di pensiero le hanno conferito, e che cor­risponde a “psicoterapia”. Sicché, l’assunto del “come” (piuttosto che quello del “perché”) determina una voragine epistemologica rispetto a chi ritiene che debbano essere annoverate tra le “scienze” conoscenze “formali”, “pure” e “astratte” (come, per esempio, la logica formale o la matematica pura), per quanto avulse dalla realtà (ovvero da un riscontro nel nostro avere-a-che-fare quotidiano con le cose, ovvero da una loro riproducibilità concreta). E non è questione da poco. Ne va della teoresi nel senso più autentico, proprio perché ne va della prassi, del modo di agire, causale e consequenziale. Insomma, se la realtà si manifesta, si dà in questo e in quel modo, allora è il “modo”, il “come” (e non la “causa”) l’essenza ultima e la condizione tanto dell’accadere delle cose (= fenomeni) quanto della loro comprensione, ovvero della fattiva relazione intra-presa con loro (relazione cognitiva e comprensiva, emotiva inclusa). Va da sé che, in un’accezione siffatta di indagine scientifica, la “scienza dell’anima” si trova iscritta a pieno titolo – a “ragion” veduta, e con un margine di appartenenza e coerenza superiore a quello, per esempio, del calcolo trigonometrico – in una forte pertinenza col sapere: posto che, ov­viamente, si concordi sul fatto che, quotidianamente, per quanto circondati da piani ortogonali di nostra creazione, ci troviamo ad avere-a-che-fare con questioni inerenti il funzionamento (normale o deficitario, qui poco impor­ta) dell’anima, piuttosto che con ascisse e ordinate.
Le conclusioni del saggio di Biondi, infatti, sono volutamente (e forse provocatoriamente) inconcludenti a tale proposito. Esse asseriscono ancora una volta, cartesianamente, l’importanza del metodo; ma negano contemporaneamente che di metodo ne esista uno soltanto. Non solo. Attribuendo alla fenomenologia, nel senso lì definito, un valore ineguagliabile per il raggiungimento dello scopo perseguito (= la comprensione e fortificazione dell’anima della persona di volta in volta presa in esame), quelle conclusioni dispiegano orizzonti nuovi e del tutto impensabili circa le possibilità metodologiche del nostro conoscere e sapere, dunque del nostro agire scientifico. E, soprattutto, sgomberando finalmente il campo da (preconcette e financo ideologiche) catalogazioni e classificazioni (prive di senso) delle scienze (vòlte a stabilire primati e criterî di esclusività), squadernano lo stupefacente scenario costituito dalle specificità delle singole manifestazioni del reale, da una parte, e dalle inimmaginabili vie dell’ignoto (spencerianamente e nella tendenza di una costante inclusività), dall’altra.”

La Scuola di Psicoterapia Fenomenologico-Dinamica

Psicoterapia-e-fenomenologia-clinica2Questo novembre aprirà i battenti la Scuola di Psicoterapia ad orientamento Fenomenologico-Dinamico la cui istituzione rappresenta un momento di capitale importanza per il movimento della psichiatria e della psicoterapia fenomenologica italiana, in quanto le viene finalmente riconosciuto il valore istituzionale di uno statuto accademico al termine di un percorso in cui si è sempre vista negare l’accesso ai circuiti universitari. Continua a leggere